venerdì 14 febbraio 2014

RENZI

«Nell'Europa continentale, un programma completo di riforme strutturali deve oggi spaziare nei campi delle pensioni, della sanità, del mercato del lavoro, della scuola e in altri ancora. Ma dev'essere guidato da un unico principio: attenuare quel diaframma di protezioni che nel corso del Ventesimo secolo hanno progressivamente allontanato l'individuo dal contatto diretto con la durezza del vivere, con i rovesci della fortuna, con la sanzione o il premio ai suoi difetti o qualità».
(Tommaso Padoa-Schioppa, Corriere della Sera, 26 agosto 2003)


Questa tristemente famosa dichiarazione di Padoa Schioppa  svela il senso del progetto eurista presente nella testa delle élite che l'hanno concepito e guidato. Che non è, come viene raccontato al popolo bue, quello della fratellanza tra le nazioni o del "mettersi insieme per affrontare le sfide della globalizzazione"  ma niente altro che l'antico obiettivo liberista e libero scambista del laissez faire, senza alcuna possibilità di intervento da parte dei cittadini. In una parola: il darwinismo sociale, con conseguente smantellamento di quel "diaframma di protezioni" costituito dallo Stato sociale, che per Padoa Schioppa, lungi dall'essere un enorme conquista di civiltà, era solo un impiccio. Del resto, si sa, i ricchi e i banchieri del Welfare possono fare tranquillamente a meno e la durezza del vivere o la "sanzione" non sapranno mai cosa siano. 
Non sorprende che un ricco signore dell'alta borghesia, che ha passato la vita tra banche e consigli di amministrazione, la pensasse così. Quello che dovrebbe sorprendere è che così da almeno vent'anni ha finito per pensarla anche la sedicente sinistra italiana, che infatti ha eletto a propri modelli dalla caduta del Muro in poi proprio banchieri, tecnici, finanzieri, funzionari delle banche d'affari. Non è questo un palese tradimento della propria ragion d'essere?

La nuova sinistra
Quello che avviene oggi con l'insediamento di Matteo Renzi alla guida del governo altro non è che il naturale sbocco di questo ventennale processo di ripudio dei valori di giustizia sociale da parte del centro-sinistra. Con Renzi va al potere non solo e non tanto - come sottolinea la stampa, ancora una volta capace di soffermarsi solo sugli aspetti superficiali del problema - il "nuovo", il "rottamatore", l'uomo immagine che assomiglia tanto a Berlusconi, l'ambizioso giovane che scalpita per conquistare lo scettro e fa fuori senza troppe storie il mellifluo Letta, con un'operazione che, francamente, sembra dettata solo della voglia di comandare. No, con Renzi - ed è questo che conta - va al potere per la prima volta un esponente del fronte "di sinistra" che anche apertamente non ha paura a definirsi liberista, apertamente gode dell'appoggio del mondo finanziario, non parla mai di temi sociali, dice senza mezzi termini che vuole tagliare le pensioni (come ho rilevato qui), sta spingendo per una nuova legge elettorale che riduce al minimo la rappresentatività e il controllo democratico da parte degli elettori e promette di bastonare un po' persino sindacati come Cgil, Cisl e Uil che pure già oggi sono così gialli che più gialli non si può. Con i Bersani e i Letta, la grande finanza era al potere ma, almeno formalmente, veniva limitata. Con Renzi, temo, potrà fare quel che vuole. Padoa Schioppa sarebbe contento: l'individuo in Europa ha certamente riscoperto la "durezza del vivere".

mercoledì 5 febbraio 2014

FATEVENE UNA RAGIONE

In Grecia la gestione della crisi imposta dalla Ue ha moltiplicato i casi di minori abbandonati. Però per il Sole 24 Ore il disastro consisterebbe non nel rimanere nell'Eurozona, ma nell'uscirne. Peccato che l'implosione sia inevitabile...


Ecco oggi l'ennesimo articolo terroristico a scopo di disinformazione. Non entro nel merito, lo faranno certamente in queste ore persone più titolate di me confutando per la millesima volta le palle e le mezze verità del Sole 24 Ore. Il punto è però un altro: quello che non si capisce o non si vuol far capire è che l'euro non ha alcuna possibilità di sopravvivenza, a meno di modificarne completamente la struttura, possibilità per la quale - lo sappiamo benissimo - non esiste la minima volontà politica dei Paesi del Nord. 

Fatevene perciò una ragione, egregi difensori della moneta unica: qui non si tratta di dibattere delle opinioni ma di prendere atto di un fatto certificato dalla letteratura scientifica, dalla storia di duecento anni di capitalismo e, più semplicemente, dalla logica e dagli eventi recenti (che ci dicono che la recessione è stata superata in tutto il mondo tranne che nell'Eurozona. Non sto dicendo in Europa: sto dicendo proprio solamente nell'Europa dell'euro). Quindi, disastro o non disastro, la fine dell'euro è inevitabile. E non tarderà certamente molto altro tempo, per banali questioni di sostenibilità economica.

Che vogliamo fare? Ne prendiamo atto e - magari assieme ad altri Paesi - studiamo un'uscita non traumatica e concordata oppure continuiamo a percorrere la strada sbagliata fino a che l'uscita la dovremo subire, visto che prima o poi la monetà imploderà? Non è meglio gestire gli eventi invece che farsene travolgere? Non è meglio preparare per tempo una exit strategy, anche solo per farla valere al tavolo delle trattative, piuttosto che dover uscire quando il nostro sistema produttivo sarà stata fatto completamente a pezzi (e magari la Germania deciderà unilateralmente di andarsene)?