Riporto dalla pagina "Altri Tempi" del blog carlosanti.info l'articolo che segue. E già anticipo la conclusione: "l
Nel lontano 1978 l’allora deputato del
Partito Comunista Italiano, Giorgio Napolitano, mostrava le sue
perplessità sull’ipotesi di una moneta unica continentale. Tale profezia
veniva testimoniata quindici anni prima di Maastricht, anche prima
della famosa dichiarazione di Margaret Thatcher quando affermò che
“L’Euro minaccerà la democrazia!” Napolitano asseriva con altrettanta
sicurezza, sostenuta spesso nei suoi numerosi interventi dell’epoca,
che: “L’abbraccio tedesco costringerà i paesi del continente europeo,
presto o tardi, a una nuova morsa letale!”
Questa posizione forte, e per nulla
campata in aria, la si legge nel resoconto stenografico della seduta
dell’assemblea della Camera dei Deputati del 13 dicembre 1978, a partire
da pagina 24992, durante una discussione riguardante l’adesione
dell’Italia al Sistema Monetario Europeo, che sarebbe entrato in vigore
quattro mesi dopo. Si tratta di parole che sorprendono per la loro
lucidità, poiché, senza tagliare di netto le gambe all’unione monetaria,
spiegano, anzi, profetizzano il futuro di quella che, al tempo, veniva
chiamata CEE (Comunità Economica Europea) a distanza di
quarant’anni. Giorgio Napolitano, pur non respingendo le idee
europeiste, ricordava che la costruzione di una unione monetaria non
poteva svolgersi in modo frettoloso e, citando il governatore della
Banca d’Italia, ammoniva che: “Un suo insuccesso comporterebbe gravi
ripercussioni sul funzionamento del sistema monetario internazionale e
sulle possibilità di avanzamento della costruzione economica europea.”
I negoziati per la moneta unica al tempo
della CEE, indipendentemente alla contrarietà esternata dal “comunista”
Napolitano, presero comunque una piega sbagliata. Il colpevole? Come al
solito: la Germania. Dal vertice del tempo era venuta solo la conferma
di una sostanziale resistenza dei Paesi più forti, della Germania e in
particolare della banca centrale tedesca, ad assumere impegni effettivi e
sostenere oneri adeguati per un maggiore equilibrio tra gli andamenti
delle economie dei paesi della Comunità. E’ così venuto alla luce un
equivoco di fondo: se cioè il nuovo sistema dovesse o meno contribuire a
garantire un più intenso sviluppo dei paesi più deboli della Comunità, o
sarebbe servito, piuttosto, a garantire il Paese più forte costringendo
un Paese, per esempio come l’Italia, alla deflazione.
Trentacinque anni dopo siamo esattamente
a questo punto, con Paesi come il Portogallo, l’Italia, l’Irlanda, la
Grecia e la Spagna in depressione economica e lentamente portati a
quella destinazione finale, ovvero la deflazione che
la Grecia sta già cominciando a sperimentare. Le “vecchie” idee del
futuro presidente della Repubblica, rilette oggi, risuonano come un
martello sulla testa di chi partecipò a quei negoziati (come Andreotti,
all’epoca presidente del Consiglio), e sembrano cronaca dei giorni nostri.
L’intervento di Napolitano specifica meglio il rischio che il nostro
paese andava incontro: “Questa costruzione monetaria filo-tedesca finirà
per intaccare le nostre riserve auree, portandoci a perdere
competitività costringendoci a svalutare la moneta”. È esattamente ciò
che è avvenuto negli anni successivi, fino alla svalutazione della lira
all’inizio degli anni Novanta. Ma la lungimiranza del Napolitano
“comunista” va anche oltre: “Se vi sarà svalutazione monetaria è
possibile che l’Italia sia costretta ad adottare drastiche manovre restrittive.
Non solo, ma il rischio è quello di veder ristagnare la
produzione, gli investimenti e l’occupazione invece di conseguire un più
alto tasso di crescita; di vedere allontanarsi, invece di avvicinarsi,
la soluzione dei problemi del Mezzogiorno.”
A questo punto la storia da ragione a
Napolitano con la famosa eurotassa di Romano Prodi, che ci permise di
entrare nell’euro e, dopo il decennio berlusconiano, che ha peggiorato
ulteriormente la situazione, arriva il governo Monti e la sua
dolorosissima austerità. La verità finale è che si è finito per
mettere il “carro” di un accordo monetario davanti ai “buoi” di un
accordo per le economie. Nessuno ha ancora capito il perché l’Italia è
entrata nell’Euro senza fare leva su questo coerente presagio
profetizzato da un Napolitano, al tempo assolutamente lucido e
illuminante. Se l’avessero ascoltato, anche solo un po’, si sarebbe
potuto ottenere un negoziato che giungesse a conclusioni meno
irresponsabili, forse! L’Italia è ormai nell’euro, e sarà dura uscirne,
sempre se fosse possibile. Piuttosto, sarà necessario che il governo
attuale possa seguire la stessa linea politica che quel giovane deputato
napoletano portava avanti in un’aula, tuttavia sorda, quando lanciò un
forte monito: “Si cambi rotta, poiché l’Europa a guida
tedesca rischierà di farci sbattere contro gli iceberg: o ci salviamo
tutti o affonderemo insieme.”