mercoledì 28 agosto 2013

LORO LO SANNO


Riporto dalla pagina "Altri Tempi" del blog carlosanti.info l'articolo che segue. E già anticipo la conclusione: "loro" - e tra di loro Re Giorgio, ma vale anche per Prodi, Ciampi, Monti, Letta, Berlusconi - lo sanno che questo euro e questa Europa è tutta sbagliata, l'hanno sempre saputo. Ma la sostengono lo stesso - mentendo ogni giorno davanti all'opinione pubblica - perché non rispondono ai cittadini, che hanno cloroformizzato con la disinformazione di massa - super attiva in questi giorni con lo stucchevole teatrino ventennale su Berlusconi, che ha la funzione di distogliere l'attenzione dalle vere emergenze sociali. Loro rispondono a Bruxelles, a Berlino, a Wall Street. Chiamatemi vetero-comunista (che MAI sono stato) o nazionalista di destra (figuriamoci!). Io mi considero solo un socialista liberale che crede nel mercato ma anche nello stato sociale, un keynesiano: il tipico elettore di centro-sinistra. Se esistesse il centro-sinistra.

Buona lettura (ne vale la pena). 



Nel lontano 1978 l’allora deputato del Partito Comunista Italiano, Giorgio Napolitano, mostrava le sue perplessità sull’ipotesi di una moneta unica continentale. Tale profezia veniva testimoniata quindici anni prima di Maastricht, anche prima della famosa dichiarazione di Margaret Thatcher quando affermò che “L’Euro minaccerà la democrazia!” Napolitano asseriva con altrettanta sicurezza, sostenuta spesso nei suoi numerosi interventi dell’epoca, che: “L’abbraccio tedesco costringerà i paesi del continente europeo, presto o tardi, a una nuova morsa letale!”

Questa posizione forte, e per nulla campata in aria, la si legge nel resoconto stenografico della seduta dell’assemblea della Camera dei Deputati del 13 dicembre 1978, a partire da pagina 24992, durante una discussione riguardante l’adesione dell’Italia al Sistema Monetario Europeo, che sarebbe entrato in vigore quattro mesi dopo. Si tratta di parole che sorprendono per la loro lucidità, poiché, senza tagliare di netto le gambe all’unione monetaria, spiegano, anzi, profetizzano il futuro di quella che, al tempo, veniva chiamata CEE (Comunità Economica Europea) a distanza di quarant’anni. Giorgio Napolitano, pur non respingendo le idee europeiste, ricordava che la costruzione di una unione monetaria non poteva svolgersi in modo frettoloso e, citando il governatore della Banca d’Italia, ammoniva che: “Un suo insuccesso comporterebbe gravi ripercussioni sul funzionamento del sistema monetario internazionale e sulle possibilità di avanzamento della costruzione economica europea.”

I negoziati per la moneta unica al tempo della CEE, indipendentemente alla contrarietà esternata dal “comunista” Napolitano, presero comunque una piega sbagliata. Il colpevole? Come al solito: la Germania. Dal vertice del tempo era venuta solo la conferma di una sostanziale resistenza dei Paesi più forti, della Germania e in particolare della banca centrale tedesca, ad assumere impegni effettivi e sostenere oneri adeguati per un maggiore equilibrio tra gli andamenti delle economie dei paesi della Comunità. E’ così venuto alla luce un equivoco di fondo: se cioè il nuovo sistema dovesse o meno contribuire a garantire un più intenso sviluppo dei paesi più deboli della Comunità, o sarebbe servito, piuttosto, a garantire il Paese più forte costringendo un Paese, per esempio come l’Italia, alla deflazione.

Trentacinque anni dopo siamo esattamente a questo punto, con Paesi come il Portogallo, l’Italia, l’Irlanda, la Grecia e la Spagna in depressione economica e lentamente portati a quella destinazione finale, ovvero la deflazione che la Grecia sta già cominciando a sperimentare. Le “vecchie” idee del futuro presidente della Repubblica, rilette oggi, risuonano come un martello sulla testa di chi partecipò a quei negoziati (come Andreotti, all’epoca presidente del Consiglio), e sembrano cronaca dei giorni nostri. L’intervento di Napolitano specifica meglio il rischio che il nostro paese andava incontro: “Questa costruzione monetaria filo-tedesca finirà per intaccare le nostre riserve auree, portandoci a perdere competitività costringendoci a svalutare la moneta”. È esattamente ciò che è avvenuto negli anni successivi, fino alla svalutazione della lira all’inizio degli anni Novanta. Ma la lungimiranza del Napolitano “comunista” va anche oltre: “Se vi sarà svalutazione monetaria è possibile che l’Italia sia costretta ad adottare drastiche manovre restrittive. Non solo, ma il  rischio  è  quello  di veder  ristagnare  la  produzione, gli investimenti e l’occupazione invece di conseguire un più alto tasso di crescita; di vedere allontanarsi, invece di avvicinarsi, la soluzione dei problemi del Mezzogiorno.”

A questo punto la storia da ragione a Napolitano con la famosa eurotassa di Romano Prodi, che ci permise di entrare nell’euro e, dopo il decennio berlusconiano, che ha peggiorato ulteriormente la situazione, arriva il governo Monti e la sua dolorosissima austerità. La verità finale è che si  è  finito per  mettere il “carro” di un accordo monetario davanti ai “buoi” di un accordo per le economie. Nessuno ha ancora capito il perché l’Italia è entrata nell’Euro senza fare leva su questo coerente presagio profetizzato da un Napolitano, al tempo assolutamente lucido e illuminante. Se l’avessero ascoltato, anche solo un po’, si sarebbe potuto ottenere un negoziato che giungesse a conclusioni meno irresponsabili, forse! L’Italia è ormai nell’euro, e sarà dura uscirne, sempre se fosse possibile. Piuttosto, sarà necessario che il governo attuale possa seguire la stessa linea politica che quel giovane deputato napoletano portava avanti in un’aula, tuttavia sorda, quando lanciò un forte monito: “Si cambi rotta, poiché l’Europa a guida tedesca rischierà di farci sbattere contro gli iceberg: o ci salviamo tutti o affonderemo insieme.”

mercoledì 14 agosto 2013

giovedì 8 agosto 2013

PERCHE' LE MENZOGNE FUNZIONANO

"I dati attuali segnalano che alla fine di agosto la spesa pubblica raggiungerà un ennesimo record negativo avviandosi gloriosamente verso il 135/140% rispetto al pil (massima punta mai toccata dal febbraio del 1921 in conseguenza del disastro macroscopico causato dalla prima guerra mondiale) che ci ha già messo nella condizione di sforamento della normativa europea, il che in soldoni vuol dire che i tempi dell’austerità verranno allungati ancora con fermezza; in Europa lo sanno e hanno scelto di far finta di nulla.

Il Fondo Monetario Internazionale ha annunciato ieri mattina la propria sorpresa negativa nel dover rivedere la situazione dell’Italia al ribasso, visto che il pil della nazione è sceso al 2% su base annua nei primi due trimestri, mentre la loro previsione era di un -1,6% e la condizione economica dell’Italia è vista “in netto peggioramento strutturale” come anche segnalato dalla agenzie di rating che hanno  identificato e definito le prime 17 banche italiane come vicine al collasso. Il nostro Ministro dell’Economia, Fabrizio Saccomanni, ha invece dichiarato “E’ finita la recessione, i nuovi dati macro-economici lo stanno confermando”. L’affermazione è gravissima, non perché non sia piacevole, ma per il banale motivo che è falsa. Non era mai accaduto prima in Europa che a fronte di un ennesimo dato “ufficiale” che evidenziava la contrazione del pil di un paese, l’arretramento economico, l’aumento della disoccupazione, il crollo del consumo interno, i governanti comunicassero una notizia opposta".
(Sergio Cori Modigliani)

Il ministro Saccomanni dice in un'intervista che la recessione sta terminando: una balla gigantesca che però l'intervistatore si è guardato bene dal mettere in discussione.








Quello che stanno facendo classe politica e governo è pessimo. Ma è peggio quello che stanno facendo i media, ridotti - sul tema centrale dell'oggi, che è quello economico, altro che la grazia a Berlusconi! - a fare da megafono delle menzogne del potere. Come dimostrano proprio le dichiarazioni di Saccomanni, che una stampa seria e libera avrebbe giustamente sputtanato in lungo e in largo e che invece i nostri tg hanno riportato con zelo. Il servilismo, del resto, funziona: la gente - anche la più colta e professionalmente valida - in grande maggioranza crede a tg e grande stampa, non studia autonomamente nulla dei meccanismi economici che ci stanno stritolando (stanno stritolando la gente comune, voglio dire, mica gli speculatori finanziari e i grandi azionisti, of course), si fida, insomma, e quindi non capisce le vere ragioni del tunnel infinito in cui ci siamo cacciati. 

Per questo non protesta: non ha la minima idea di chi sia il nemico da combattere e quali siano le politiche per sconfiggerlo. Oppure perde tempo dietro a nemici da quattro soldi, che vanno sì perseguiti, ma che non rappresentano la causa principale del drammatico impoverimento italiano: dal gioielliere evasore fiscale, al funzionario pubblico "garantito" che va al bar cinque volte al giorno, a Berlusconi (che non può mai mancare). 

mercoledì 7 agosto 2013

LA TERAPIA DEL DOTTOR EPIFANI

L'intervista odierna sul Corriere della Sera al segretario del Pd Guglielmo Epifani è interessante non solo e non tanto per la chiusura a ipotesi di salvacondotto verso Silvio Berlusconi (è lecito dubitare che alle parole seguano i fatti), quanto per questa frase, che vale la pena rileggere integralmente:

Un governo di larghe intese non rischia di avere le mani legate?
«Il governo ha le mani legate dal peso del debito, dalle scelte dell'Europa che non si smuovono da una linea di austerità e dalla eredità del governo di centrodestra, che ha assunto il fiscal compact e l'obiettivo del 3 per cento nel rapporto deficit pil. Se si ragiona entro questo limite le cose che il governo sta facendo, con poche risorse, sono tutte buone. Piccole cose, intendiamoci. Ma dopo anni di tagli, il provvedimento su cultura e spettacolo è un'inversione di tendenza. Ora dobbiamo chiedere uno sforzo ancor più grande per dare impulso all'occupazione e agli investimenti». 

Qualcosa di buono - e di sincero - stavolta Epifani lo dice. Finalmente riconosce che il governo delle larghe intese ha poco potere non tanto per i veti di Berlusconi alle prese con i suoi problemi giudiziari ma perché si muove entro i rigidissimi paletti imposti da Bruxelles, senza poter fare che "piccole cose" per lavoro e ripresa. E bravo Epifani, finalmente anche tu hai detto quello che tu e i tuoi compagni di partito fino all'altro ieri negavano e che noi sosteniamo da un paio d'anni: se non si esce dalla recessione è perché le politiche richieste dalla Unione Europea lo impediscono. Insistere su una moneta unica tra economie molto diverse, senza meccanismi di aggiustamento come i trasferimenti di risorse dagli Paesi più forti a quelli più deboli, non fa che peggiorare gli squilibri nelle bilancie dei pagamenti (aumenta il surplus della Germania, ma anche il debito estero di tutti gli altri). Mentre l'austerità in tempi di crisi è un'assurdità che sta solo aggravando i conti e l'economia i guai dei Paesi in crisi.

Salutiamo con soddisfazione l'ammissione del segretario del partito più eurista d'Italia. Del resto, anche nel Pd qualcuno comincia a capire che l'evidenza non si può negare in eterno neppure di fronte ai propri, conciliantissimi, militanti, i quali finora si sono bevuti la favoletta dell'europeismo buono a prescindere senza tante storie. Con meno soddisfazione registriamo però anche la furbata di voler attribuire al Pdl la responsabilità di essere stato troppo servile con la Ue. Il centro-destra è stato certamente troppo morbido con Bruxelles nell'accettare il Fiscal Compact e l'obiettivo del 3% nel rapporto deficit-pil già dal 2013 (non dimentichiamo però che lo ha fatto perché messo spalle al muro dal famoso documento della Bce dell'agosto 2011). Ma, egregio segretario, quanto a devozione e zelo verso le miopi politiche europee, nessuno batte il Pd. Chi ha difeso a spada tratta il disastroso governo Monti? Chi ha fatto tutta la propria campagna elettorale annunciando una futura alleanza proprio con Scelta Civica (alleanza che per un vero partito di centro-sinistra dovrebbe essere contro natura)? Quando mai il Pd ha contestato il Fiscal Compact? Non è forse vero che in Parlamento e nelle dichiarazioni alla stampa, nessuno come gli esponenti del Pd finché ha potuto ha solo applaudito e appoggiato le politiche di austerità, tagli e liberalizzazioni promosse dalla Ue, e questo non da due ma da vent'anni? Epifani tutto questo lo sa benissimo. Sa che il primo responsabile nel nostro Paese dell'appiattimento della politica economica ai rovinosi diktat europei è il suo partito. Ma, ora che l'indifendibile non si può più difendere, scarica la colpa sul Pdl, che le politiche di austerità non le ha certamente respinte (purtroppo) ma non ne è neppure mai stato entusiasta esecutore. Una furbata da politico consumato, che possiamo anche perdonare (fa parte del gioco) ma che vale la pena smascherare.

Quello che invece non possiamo perdonare - perché ne va del nostro futuro e del nostro destino - è la terapia che Epifani propone. Dopo aver detto che le politiche europee ci ammazzano per eccesso di austerità, non giunge alla elementare conclusioni che esse vanno quindi radicalmente contestate. Silenzio assoluto. No, l'attuale Ue e questo euro sono totem indiscutibili. Ci stiamo male, ci fanno male, ma sono ineluttabili come la morte e non possono essere oggetto di revisioni e negoziati duri e incisivi. L'unica cosa che si può fare è aiutare il governo nelle "piccole cose" che sta facendo per crescita e lavoro (cioè sostanzialmente nulla) e chiedere all'esecutivo Letta "uno sforzo ancor più grande per dare impulso all'occupazione e agli investimenti". Sono frasi che non significano nulla. Eh sì, perché, egregio Epifani, se non metti in discussione questa Europa, dove le trovi queste risorse? Non hai detto tu stesso che le politiche europee di austerità legano le mani al governo e gli impediscono di operare per superare la crisi? E allora a che cosa serve "chiedere uno sforzo" al governo?  

E' come chiedere a un paziente di "mettercela tutta" per guarire visto che il chirurgo si rifiuta di operarlo, no? E' questa la terapia che il segretario del Pd propone per salvare l'Italia? Sì, è questa: stringere i denti, tenendosi il tumore ma aspettando il miracolo. Intanto il Paese va piano piano a fondo, ma almeno Epifani e i suoi colleghi di partito e di governo prolungano la permanenza sulle loro dorate poltrone. E c'è chi vota ancora questa gente.