Oggi avrei voluto cambiare argomento ma i clamorosi eventi
delle ultime ore mi inducono a parlare ancora una volta del Partito
Democratico. L'implosione del Pd, che il sottoscritto nel suo piccolo aveva
abbondantemente preannunciato a conoscenti e amici piddini, ottenendo in risposta
scetticismo misto a derisione o addirittura ostilità, è finalmente iniziata. La base, costituita dai semplici militanti
ma anche da una pletora di quadri locali terrorizzati dall'idea di perdere il
loro piccolo regno e di dover ammettere di aver cavalcato per anni il cavallo
sbagliato, se la prende con i vertici e scarica tutte le responsabilità sull'infedeltà di quei 101 franchi tiratori
che hanno impallinato Romano Prodi nel segreto dell'urna. Si tratta però di
un'analisi ancora una volta parziale e insufficiente, che individua nei
comportamenti di un gruppo di "traditori" (presumibilmente dalemiani)
la debolezza di un partito che invece ha ben altri problemi.
Quando un partito è
pieno di franchi tiratori, vuol dire che è diviso (manca cioè una linea
precisa) e che non ha una leadership (è la leadership che fa convergere i voti
di tutti i parlamentari anche nel voto segreto, non la presunta moralità e
sincerità di chi vota). E questa è precisamente la situazione in cui da
anni si trova il Pd. Certo, esistono anche i conflitti tra vecchi leader (ex
Margherita contro ex Pds, dalemiani contro prodiani, renziani contro bersaniani
e via di questo passo), ma tali conflitti esplodono e diventano determinanti
soltanto nel momento in cui non esiste una identità, e quindi una linea, comune
e condivisa e quando il leader non ha più la fiducia dei suoi dirigenti, non è
più temuto, ammirato o stimato. La politica ha sempre funzionato così, non con
patetiche richiami alla fedeltà, alla correttezza, al coraggio di dire quello
che si pensa (quando mai in politica si dice sempre quello che si pensa?), come
dicono per darsi coraggio i militanti.
Che il Pd non abbia una leadership non mi sembra neppure il
caso di dimostrarlo. Gli errori clamorosi di Bersani, che qualche anima bella
in campagna elettorale esaltava scambiandolo addirittura per uno statista,
parlano da sè. Non è neppure il caso di infierire. Credo però che sia palese anche
il fatto che il Pd non ha un'identità (e
quindi non possa avere una linea comune): una triste realtà che solo
l'antiberlusconismo ha occultato per tanti anni. Il Pd dovrebbe ringraziare
Berlusconi (che infatti si è guardato bene dal combattere sul serio) perché è
solo grazie al grande nemico che ha retto tanti anni in assenza di una chiara
strategia. Il Pd si dichiara partito di centro-sinistra, ma da anni fa
politiche liberiste e libero-scambiste che sono patrimonio del conservatorismo. Si
dichiara fedele all'eredità del Pci e alle lotte del movimento dei lavoratori
ma poi si allea e soprattutto applaude entusiasta a Mario Monti, alla Bce e
alle sue politiche inique. Si dichiara partito rappresentativo dei cattolici
democratici ma allo stesso tempo ha una forte componente laicista e
radicaleggiante, col risultato che su una lunga serie di questioni etiche non
prende mai una chiara posizione. Ha una
componente movimentista che vorrebbe l'alleanza con il M5S e Rodotà presidente
della Repubblica, quando però la maggioranza dei dirigenti guarda, da anni e
anni, al centro. Dice di detestare la democrazia diretta grillina e del web
salvo poi fare marcia indietro su Franco Marini per accontentare la piazza e la
Rete. E potrei continuare con altri esempi. A
dimostrazione che il Pd è un grosso contenitore di posizioni contradditorie,
alcune manifestamente di destra (vedi Renzi), tra loro incociliabili e tenute
assieme solo dall'odio (formale) per Silvio Berusconi. Una pianta storta, un
pastrocchio, una "cosa" senza direzione di marcia che merita solo di
esplodere.
Purtroppo i militanti, che sono spesso solo tifosi della
politica aggrappati a una bandiera, e i funzionari di partito (che, in una
struttura di apparato come il Pd sono tanti e contano), impauriti all'idea di
perdere il loro piccolo potere o di dover dire "abbiamo sbagliato",
non la vogliono capire e si illudono che cacciando via i traditori dalemiani
tutto cambi. Intanto dovrebbero spiegarci come fanno a identificare e cacciare
questi presunti traditori, visto tra l'altro che li hanno votati gli stessi
elettori con le tanto strombazzate parlamentarie (complimenti
quindi anche al mitico "popolo del Pd" che manda in Parlamento simili
canaglie, bisognerebbe dire se si usasse la stessa logica della base!). Ma
poi, anche ammettendo che si riesca a eliminare la componente dalemiana, il Pd
continuerebbe a mantenere al suo interno tante di quelle componenti e di quelle
contraddizioni, che nuovi problemi e nuove figuracce si ripresenterebbero
immediatamente. La cosa più saggia
sarebbe lo smantellamento di questo fallimentare partito e la creazione di più
forze politiche, di cui una autenticamente di sinistra, non stupidamente
giustizialista e moralista, ma capace di schierarsi coi lavoratori e per la
difesa dello Stato sociale. Mi auguro che la base piddina lo capisca e la
smetta di voler raddrizzare a tutti i costi una pianta nata e cresciuta storta.
Non mi sembra però di vedere ancora quell'autocritica spietata e sincera che
sola può portare al cambiamento. Spero di sbagliarmi.
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