giovedì 25 aprile 2013

TANTO RUMORE PER (QUASI) NULLA

Sono settimane di grande polemiche, di melodrammi, di passioni attorno alle vicende della politica, dall'elezione del nuovo Presidente della Repubblica alla formazione del famoso "governo di larghe intese". Secondo me, però, si è fatto e si fa tanto rumore per nulla. O comunque per molto poco. Finché infatti rimane questa Ue e questo euro, così strutturati e concepiti (perché con altre e per ora improbabilissime riforme le cose cambierebbero), la nostra classe politica - almeno per quanto riguarda le questioni economico-sociali, e scusate se è poco - conta molto meno di quanto si pensi
Lo spazio di manovra consentito da Bruxelles ai governi nazionali è talmente limitato che il fatto che il nuovo premier sia Enrico Letta, suo zio Gianni, Giuliano Amato, Romano Prodi o qualsiasi altro dei protagonisti della telenovela di questi giorni, sostanzialmente non fa molta differenza. Il perché - occultato in buona o cattiva fede dal sistema della (dis)informazione e da una classe politica subordinata ai mercati e ai tecnocrati - lo aveva chiarito benissimo già 20 anni fa l'economista inglese Wynne Godley, subito dopo la firma del Trattato di Maastricht. Ecco cosa scrisse Godley nel 1992: "La creazione di una moneta unica nella Comunità Europea dovrebbe porre fine alla sovranità delle sue nazioni componenti e alla loro autonomia di intervento sulle questioni di maggior interesse. (...) il potere di emettere la propria moneta, di fare movimentazioni sulla propria banca centrale, è la cosa principale che definisce l’indipendenza nazionale. Se un paese rinuncia o perde questo potere, acquisisce lo status di un ente locale o colonia. Le autorità locali e le regioni, ovviamente, non possono svalutare. Ma si perde anche il potere per finanziare il disavanzo attraverso la creazione di denaro, mentre altri metodi di ottenere finanziamenti sono soggetti a regolamentazione centrale. Né si possono modificare i tassi di interesse. Poiché le autorità locali non sono in possesso di nessuno degli strumenti di politica macroeconomica, la loro scelta politica si limita a questioni relativamente minori: un po’ più di istruzione qui, un po’ meno infrastrutture lì.  Penso che quando Jacques Delors pone l’accento sul principio di ‘sussidiarietà’, in realtà ci sta solo dicendo che [gli stati membri dell'Unione europea] saranno autorizzati a prendere decisioni su un maggior numero di questioni relativamente poco importanti di quanto si possa aver precedentemente supposto. Forse ci lascerà tenere i cetrioli, dopo tutto. Che grande affare!".
Riflettete prima di perdere altro tempo a dibattere di Rodotà, Prodi, Letta, Berlusconi. Il potere, quello che determina il nostro futuro di benessere o di crisi, sta altrove.

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