martedì 12 novembre 2013

SE QUESTA E' SINISTRA

Piccoli liberisti crescono: Filippo Taddei
Persino Romano Prodi oggi riconosce che, se la recessione esplosa nel 2007-08 è stata superata in tutto il mondo ma non nella maggioranza dei Paesi europei, la responsabilità è della struttura della moneta unica e delle politiche europee di austerità, e non di mafia, corruzione, burocrazia o pigrizia italica, tutti difetti da combattere duramente ma che non ci hanno impedito - quando avevamo una nostra politica monetaria - di diventare la quinta potenza economica del mondo. 

Ci aspetteremmo quindi che anche gli altri economisti del Pd, soprattutto quelli che non hanno responsabilità di governo e quindi non devono fare la difesa d'ufficio della ditta Letta&Saccomanni, sostenessero questa evidenza. E in primo luogo ce lo aspetteremmo da coloro che hanno il compito di disegnare una strategia di politica economica "di sinistra". Invece ci imbattiamo in un'intervista con Filippo Taddei, consigliere economico del candidato segretario Giuseppe Civati, uno che si definisce "di sinistra", appunto, e leggiamo un'analisi uguale a quella che potrebbero fare un Monti, un Draghi o un Olli Rehn. Un'analisi che non chiama in causa l'Europa e che si può tranquillamente definire liberista (e quindi di destra. Sì, amici del Pd: Monti e Draghi, anche se vi piacciono tanto, sono di destra. E il liberismo, con buona pace di Tony Blair e di Matteo Renzi, non è di sinistra, se le parole della politica hanno ancora un senso).

Sto esagerando? Leggete l'inizio dell'intervista (che poi è quello che conta) e giudicate voi. In corsivo ho inserito i miei commenti.

Domanda - Ma la crisi internazionale è davvero, come dicono alcuni, Berlusconi su tutti, la maggiore responsabile del collasso del sistema Italia? 
Qui si vuole far intendere che la spaventosa bolla finanziaria del 2007-2008 che ha mandato gambe all'aria l'economia e la finanza internazionali non ha provocato la recessione anche in Italia ma ha solo accelerato una situazione di degrado che era tutta interna al Paese. Naturalmente si dà per scontato che la colpa sia del governo Berlusconi ed infatti è per questo, annota malignamente l'intervistatore, che il Cavaliere se la prende con quel piccolo dettaglio che fu la crisi dei mutui subprime! Chunque sappia due dati di economia invece sa che è la crisi di Wall Street che ha mandato in recessione tutto il mondo occidentale  e che il mondo occidentale ne è uscito (esclusa guarda caso l'Eurozona, dove si continua a stare male) applicando politiche di quantitative easing. Cioè quell'iniezione di liquidità che fa tanto schifo alla Bce. Macché Lehman Brothers, vorrebbe farci credere l'intervistatore, la crisi è arrivata anche in Italia perché c'era Tremonti!

Risposta - La crisi internazionale è stata per l’economia italiana solo l’effetto marginale. Dal 2001 al 2007 eravamo già l’economia che cresciuta meno, in termini di reddito medio reale, tra tutti i paesi dell’OCSE. Non è un iperbole ma un fatto. 
Che l'economia italiana non se la passasse bene anche prima dell'esplosione della bolla dei derivati, è vero (anche se, come detto, definire "marginale" un evento di quella portata è risibile). Il punto è che Taddei non individua affatto le ragioni reali per cui da tempo ce la passavamo maluccio. E se la prende, oltre che con le "deficienze strutturali", come vedremo, con il solito Berlusconi. Dice infatti Taddei: la nostra economia era quella che cresceva meno in tutta l'Ocse nel periodo 2001-2007. Periodo, guarda caso, nel quale al governo c'era il Cavaliere! Mi duole tanto dover difendere Berlusconi, per cui non ho nessunissima stima, però mi chiedo: perché Taddei non dice che è tutta l'eurozona e non solo l'Italia a soffrire da oltre 20 anni di bassa crescita? Questo ha a che vedere solo con la mafia e Berlusconi o per caso anche - e molto di più - con la moneta unica e coi parametri di Maastricht, che guarda caso furono elaborati 20 anni fa? Sa o non sa l'egregio Taddei che l'Italia negli ultimi 20 anni ha avuto un sostanzioso surplus commerciale soltanto nel periodo 1993-1997, ovvero quando - ma guarda un po' - il Paese è uscito dal cambio fisso (prima Sme, poi euro)? Berlusconi è stato per caso al governo anche in Irlanda, Spagna, Portogallo, Grecia e magari anche Francia, visto che l'economia francese si sta avvicinando sempre più a quella degli altri Paesi in difficoltà? Si cominci a dire che - area del marco a parte - la crescita in Europa è tremendamente lenta da 20 anni a causa dell'euro e di Maastricht. Poi si potrà parlare anche di quelle ragioni, tipicamente italiane, per cui da noi le difficoltà sono state forse maggiori che altrove.

Eravamo un modello di crescita economica dopo la seconda guerra mondiale, oggi siamo l’economia più ferma tra tutte le economie sviluppate. Prima della grande recessione internazionale, malgrado un sistema fiscale sconsiderato, una pubblica amministrazione inefficiente e uno stato sociale inadeguato a rispondere alle nuove esigenze del lavoro (sicuri che scuola e sanità pubblica non rispondessero alle "nuove esigenze di lavoro"? O non rispondevano al desiderio di profitto di certi grandi gruppi?), il nostro sistema produttivo riusciva a mantenere faticosamente le proprie posizione nei mercati internazionali. Vivevamo di piccoli margini, perché dovevano far fronte a deficienze strutturali che ci mettevano in svantaggio con gli altri paesi.
Bisognerebbe qui spiegare a Taddei che i margini erano diventati piccolissimi non perché c'era la mafia, la burocrazia, i tribunali che non funzionano, la corruzione, e magari aggiungiamoci pure la scarsa voglia di lavorare e Mediaset che ha reso milioni di italiani stupidi e senza valori, ma soprattutto perché le imprese avevano cominciato a trovare difficoltà enormi nel vendere le loro merci. Esportare era diventato più difficile, perché dal 2002 usavamo una valuta troppo forte per la nostra economia, mentre i nostri maggiori competitors, i tedeschi, ne usavano una troppo debole. E il mercato interno, a causa della diminuzione della spesa pubblica per rientrare nei parametri europei e a causa dell'abbattimento dei salari, necessario per competere nell'export in assenza della leva del cambio, si era impoverito pesantemente. Conseguenza: il calo della domanda, che ha messo in ginocchio la nostra economia produttiva e ha creato milioni di disoccupati. Insomma, dire che siamo in recessione per Berlusconi, perché "non abbiamo fatto le riforme" e per "le deficienze strutturali del Paese" è parziale e tendenzioso. Siamo entrati in recessione come tutto il mondo a causa della gigantesca bolla esplosa nel 2007 e rimaniamo in crisi, come tutti gli altri Paesi dell'eurozona ad esclusione della Germania, per colpa della moneta unica e delle politiche imposte da Bruxelles. Infatti fuori dall'Eurozona la recessione è già un ricordo. Possibile che i Paesi con "deficienze strutturali" si trovino solo nell'area dell'euro?

La crisi ha solamente accelerato il processo di declino. Ha aumentato il costo del credito e la pressione fiscale e, contemporaneamente, ha ridotto i servizi. Sbagliato, caro Taddei. La crisi - causata dalla liberalizzazione indiscriminata della finanza promossa dai Blair e dai Clinton (vedi abolizione della Steagal-Glass) - avrà ridotto il credito, ma la pressione fiscale è aumentata anche perché Maastricht esigeva il rispetto di strettissimi parametri. Non si può tacere sempre il ruolo dell'Europa se si vuole spiegare la recessione.

A quel punto il nostro differenziale di produttività rispetto ai nostri concorrenti non è più bastato. Aumentando i costi effettivi che gravano sul nostro sistema produttivo, si sono di fatto annullati i piccoli margini faticosamente conquistati. Eravamo in equilibrio precario e facevamo finta di nulla. Con la grande recessione, il nostro sistema produttivo, anche la sua parte sana e migliore, non è più riuscita a controbilanciare le deficienze strutturali del paese. La necessità di riformare questo paese non è stata forte come oggi da almeno 25 anni”. Eccoci alla conclusione del ragionamento, logica conseguenza della diagnosi fatta: bisogna fare le riforme, come direbbe un Monti qualunque! Peccato che fare le riforme richieda degli investimenti e che di soldi, dovendo rispettare i parametri europei, non ce ne siano. A meno che non si continui a colpi di spending review. E' questo che propone Taddei?

Per concludere. L'analisi di Taddei sulle cause della recessione è falsa (da propagandista di partito e non da economista) e anche pericolosa. Perché sia falsa credo che sia chiarissimo: la recessione in cui si trova l'Italia perdura non a causa dei nostri difetti nazionali o strutturali ma - come dicono tutti gli economisti - dalle politiche di Ue e Bce. Ma è anche una visione pericolosa - per chi ha a cuore la giustizia sociale - perché individua il nemico sbagliato: per Taddei vanno combattute le inefficienze del sistema-Paese, come dicono i Giannino e i Monti, ma non questa Europa e il modello mercantilista di capitalismo che la domina (più io imprenditore abbasso i salari, più esporto, più esporto più faccio profitti). Questo modello, anzi, che pure è un modello di destra, liberista fino al darwinismo sociale, non viene nè contestato nè criticato. Dite un po' voi se questa è un'analisi - e una terapia - di sinistra.

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